Topeka School di Ben Lerner

22 July 2024

[…] allora i veri uomini – che sono di fatto essi stessi bambini perpetui, dato che l’America è un’adolescenza senza fine – dovevano differenziarsi da lui con la violenza (161)

Pubblicato nel 2019 e seguito da una grande risonanza in tutti gli Stati Uniti, Topeka School di Ben Lerner si classifica come uno dei romanzi più discussi, forse, del Bright Lights Bookclub. Intenso, convoluto, stratificato e confusionario nelle pretese narrative che cerca di realizzare, il terzo romanzo di Lerner presenta caratteristiche al limite dell’avanguardismo letterario a detta di una buona fetta di critici.

Lerner è notoriamente un autore di romanzi di autofiction che si mescolano al memoir, due generi letterari che negli Stati Uniti contemporanei dominano gli scaffali delle librerie. Non si può dire che i due siano a metà di un genere o dell’altro, perché le premesse narrative di entrambi puntano a giocare con il confine ormai fin troppo labile della realtà e della fiction letteraria. Lo stesso Lerner, per ammissione in varie interviste e, nello specifico, nei ringraziamenti di Topeka School, vuole far muovere i propri lettori su questo spazio liminale non ben definito.

Se con Nel mondo a venire l’autore si era appoggiato molto alla sua realtà fuori dalle pagine, ritraendo un personaggio che, non solo per il nome, gli assomiglia molto, con Topeka School si concede una buona percentuale di fiction in più. I lettori seguono le vicende di una famiglia benestante di Topeka, Kansas, in particolare del figlio adolescente Adam, un ragazzo prodigio con un’ottima capacità di oratoria. I genitori, Jane e Jonathan, sono psichiatri rinomati della comunità scientifica di Topeka che si scontra abitualmente con la società conservatrice e repubblicana della città. Jane, in particolare, è un’autrice femminista inondata dalle critiche, gli insulti e le minacce di Uomini (la maiuscola è voluta dal romanzo) che si ribellano alle sue affermazioni sull’emancipazione della donna.

Il romanzo è denso e stratificato per via di un’altra grande passione dell’autore, la poesia. Lerner, infatti, gioca anche con le possibilità di quest’ultima per quanto riguarda l’essenza del linguaggio. Topeka School, tra i diversi discorsi che tenta di affrontare, si rivela una disamina del linguaggio stesso, nel quale quest’ultimo è portato al collasso. Adam è un abile oratore che stravince competizioni di oratoria nel suo liceo, una capacità che lo porta a interrogarsi (e a far interrogare il lettore) sulle potenzialità del linguaggio. Il significato di questo si perde nell’essenzialità fonica del significante, parole che perdono il loro contenuto semantico e che rimangono solo suoni pronunciati dagli oratori pronti a tutto pur di “asfaltare” l’avversario. C’è un forte senso della verità della parola che si perde negli interstizi del linguaggio quando questo viene rivoltato a favore della vincita su tutto. La connessione con il linguaggio politico è forte.

Topeka School è, infatti, ambientato per una buona parte negli anni Novanta in un contesto sociale prettamente repubblicano che dà già segni di quelle politiche ultraconservatrici del governo Trump. Facendo un salto avanti di trent’anni, il romanzo si conclude con una scena che chiude il cerchio aperto all’inizio del romanzo e che dà un’idea di ciò a cui si è arrivati.

L’ambiente ultraconservatore, classista, maschilista, benestante e bianco di Topeka che Lerner ritrae ne esce sconfitto sulla pagina e vincitore, tristemente, alla fine del romanzo. Adam sembra l’unico personaggio a rendersi conto di tutto ciò. Lo spiraglio che l’autore apre per mostrare la ferocia di questo ambiente è rappresentata da un personaggio che, seppur relegato ai margini della società, è centrale nella costruzione materiale del romanzo. Darren è un ragazzo problematico, escluso dai suoi stessi coetanei e abbandonato dalla “cultura terapeutica che non era mai riuscita ad aiutarlo, che non l’aveva accolto nel bucolico ambiente medicalizzato del pieno ricovero […] né l’aveva riconciliato con il mondo esterno a forza di ore di seduta” (161). Nelle parole dell’autore, Darren rappresenta “la soglia dei limiti immaginativi di Adam”, visto che si tratta dell’unico personaggio a essere filtrato in terza persona.

La critica si intensifica nei discorsi sulla mascolinità tossica che preoccupano il personaggio di Adam e toccano marginalmente i pensieri del padre, Jonathan. Tutti i personaggi del romanzo si trovano a muoversi in contesti che li costringono a riconfigurare brutalmente il proprio mondo. Adam non riesce a capire se la casa nella quale è entrato sia quella della sua fidanzata o meno, ritrovandosi in una crisi profonda ma temporanea; Jonathan si scontra con le difficoltà del matrimonio e del suo ruolo di “uomo” nella coppia con Jane confondendo a sé stesso e al lettore le prospettive temporali della sua vita.

Topeka School si realizza proprio su questa profonda auto-iper-consapevolezza dei personaggi e sulla loro altrettanto profonda fragilità. In questo modo, il romanzo realizza definitivamente un concetto fondamentale per la sua narrazione: l’America finisce per diventare “un’adolescenza senza fine” (161) che inghiotte i propri cittadini, anche quelli più consapevoli.

 

Francesca Titolo

Le ore dentro ai libri

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