Europa e Italia di fronte all’emergenza. L’analisi dell’Ambasciatore Giovanni Castellaneta
È innegabile che il tempo che stiamo vivendo è incredibilmente difficile. Quasi metà dell’umanità è costretta a stare in casa e ad affrontare misure di isolamento e distanziamento sociale che, nel mondo iper-globalizzato di oggi, sembrano quasi insopportabili. La pandemia di Covid-19 è un evento talmente inatteso e sconvolgente che le conseguenze sul piano globale avranno una portata radicale, e saranno probabilmente destinate a cambiare il paradigma di come intendiamo i rapporti internazionali.
La paura che in queste settimane si è generata nei confronti del futuro è perfettamente comprensibile. È compito delle classi dirigenti tuttavia fare in modo che la paura non si trasformi in panico, ma venga al contrario convogliata verso reazioni e decisioni positive, che possano costituire un antidoto a risposte utilitaristiche e non coordinate da parte dei singoli Stati. Mai come in questo momento è necessaria una risposta coerente e organica da parte della comunità internazionale, dal momento che questo “nemico invisibile” sta colpendo tutti in maniera indiscriminata. Ecco perché l’Unione Europea deve dimostrare di essere in grado di affrontare questa sfida, che si pone come la definitiva prova di maturità. Seppur con le dovute proporzioni, siamo in un momento paragonabile alla Seconda Guerra Mondiale: allora, grazie alla decisione lungimirante di alcuni leader politici, vennero gettati i semi della Comunità Europea come argine ai tradizionali motivi di conflitto tra le principali potenze europee. Oggi serve una risposta altrettanto coraggiosa e di lungo periodo, basata sulla consapevolezza da parte degli attori politici che, se agissero da soli e in ordine sparso, finirebbero con il “segare il ramo” sul quale siamo tutti seduti (lo Stato di appartenenza, portando come estrema conseguenza al crollo dell’intero albero (ovvero l’UE nel suo complesso). È evidente che un’Europa incapace di avere una sola voce è destinata a rimanere l’anello debole nella catena dei rapporti di forza internazionali. Un mondo con un’Europa solo consumatrice e priva di rilievo internazionale lascerebbe il campo ad una gestione tripolare del mondo dominata da USA, Cina e Russia, nella quale il nostro alleato di sempre con il quale dividiamo comuni basi di civiltà potrebbe trovarsi in minoranza nella gestione degli affari globali e accentuare ancor di più il ripiegamento su se stesso che con l’amministrazione Trump ha visto un’accelerazione significativa. Immaginiamoci quali potrebbero essere le conseguenze per il resto dell’Occidente non solo sul piano strategico, ma anche su quello commerciale ed economico.
Un’Europa più forte, coesa e consapevole può dunque aiutare anche il resto della comunità internazionale a far fronte a questa crisi senza precedenti. Servono però ambizione e disponibilità a cedere ulteriori parti di sovranità nazionale, mettendo in comune non solo Sicurezza e Difesa, ma anche la ricerca scientifica e la gestione – quantomeno a livello strategico – delle politiche sanitarie, in modo da farci trovare pronti ad affrontare in futuro emergenze simili all’attuale. Mi sembra improprio e fuorviante parlare in questa occasione di un altro “piano Marshall”: oggi l’UE ha tutte le risorse per salvarsi da sola, senza chiedere aiuto ad altri Stati. La potenza di fuoco messa in campo nelle ultime settimane dalla BCE, dalla BEI e dalla stessa Commissione testimoniano che le risorse non mancano, serve solo saperle usare mettendo da parte egoismi ed interessi di breve periodo. Un’Europa più consapevole delle proprie potenzialità come “attore geopolitico” ci aiuterebbe anche a difenderci meglio dalle influenze non sempre trasparenti che potenze esterne cercano di attuare, come la Russia e la Cina. Al contrario, se l’UE agisse di concerto, potrebbe diventare un “magnete” attirando nella propria orbita più consolidata la Russia, che la considererebbe come il migliore mercato di sbocco per le sue esportazioni energetiche ed il migliore fornitore di beni e servizi per consentire una modernizzazione più rapida della propria economia.
Allo stesso tempo, però, bisognerebbe fare attenzione a non dimenticarsi delle altre regioni del mondo e alle grandi questioni globali, che giocoforza in questo periodo sono finite in secondo, se non in terzo piano. Pensiamo soltanto alla regione MENA, dove i focolai di tensione non si sono affatto spenti: dalla Siria all’Iran, dallo Yemen all’Afghanistan, la “distrazione” operata dalla pandemia potrebbe portare le principali potenze della regione a muoversi a loro piacimento, senza il controllo o l’influenza dei Paesi più grandi che tradizionalmente hanno responsabilità globale come gli Stati Uniti. L’irrisolta questione palestinese così come la guerra civile in Libia, potrebbero avere degli sbocchi imprevedibili se la comunità internazionale non continui a prestare la dovuta attenzione. E, allo stesso modo, non può essere abbandonata l’Africa, che nella fretta dettata dall’emergenza, è stata lasciata alle spalle. Al contrario, continuare a favorire stabilità politica e sviluppo economico e sociale nel continente dovrebbe essere prioritario per arginare la diffusione di simili epidemie in zone fragili e vulnerabili dove le conseguenze sarebbero ancora più nefaste di quelle sperimentate alle nostre latitudini. Ev senza infine lasciare indietro i Balcani occidentali verso i quali abbiamo storiche responsabilita’.
In conclusione, analizziamo brevemente l’azione messa in atto dal Governo. Ha fatto bene il premier Conte a battersi per un’Europa diversa: in questo caso non sono in gioco i punti decimali di deficit fiscale per il calcolo ragionieristico dei parametri del Patto di Stabilità. È in gioco invece il futuro stesso dell’UE, il quale passa anche dal rafforzamento dell’Italia. Il nostro Paese ha le carte giuste per farcela: il debito pubblico è sostenibile, anche grazie alla presenza di un debito privato tra i più bassi e solidi al mondo che può aiutare le nostre imprese e famiglie a superare questo difficile momento. Le capacità industriali e commerciali dell’Italia consentiranno al nostro Paese di uscire da questa tempesta, a patto che le risorse a disposizione vengano usate con spirito strategico. Ecco perché potrebbe essere opportuna l’istituzione di un Consiglio per la Sicurezza Nazionale, un organismo indipendente che avrebbe il compito di affrontare non solo nel momento dell’emergenza ma in maniera permanente tutte le minacce esterne contro il nostro Paese, comprese quelle sanitarie. È un momento difficile, ma “la paura dei coraggiosi” consentirà all’Italia e all’Europa di lasciarlo presto alle nostre spalle.