Verso il Summit: il futuro dell’Alleanza e gli interessi strategici dell’Italia

Di Giorgio Catania, Junior Fellow del Centro Studi Americani

“Verso il Summit: il futuro dell’Alleanza e gli interessi strategici dell’Italia”. Questo il titolo della conferenza organizzata dalla Delegazione Italiana presso l’Assemblea Parlamentare NATO e dal Centro Studi Americani, in vista del vertice dei paesi NATO che si terrà a Bruxelles il prossimo 14 giugno. Protagonisti del dibattito sono stati Luca Frusone (Presidente della Delegazioni Italiana presso l’Assemblea Parlamentare NATO); l’Ambasciatore Francesco Maria Talò (Rappresentante Permanente d’Italia presso il Consiglio Atlantico); Alessandro Marrone (Responsabile Programma Difesa dello IAI); Roberto Menotti (Direttore Scientifico Aspenia Online); Gabriele Natalizia (Coordinatore Geopolitica.Info). A moderare l’incontro Maurizio Caprara (Giornalista). 

Il dibattito è stato aperto dall’On. Luca Frusone, che ha sottolineato come il vertice del 14 giugno costituisca un’opportunità unica per le decisioni relative all’Agenda NATO 2030, bussola su cui saranno orientate le decisioni strategiche di oggi e di domani. Sarà indubbiamente un’occasione per riflettere sul mutamento dell’attuale contesto strategico e sul conseguente adattamento dell’Alleanza Atlantica. Come rimarcato da Frusone, la NATO si trova di fronte a sfide nuove e diversificate e dovrà dimostrare – ancora una volta – di avere la capacità di anticipare e gestire le sfide trasversali alla nostra sicurezza.

Nell’ambito del processo di adattamento dovrà essere cruciale il ruolo dell’Italia, specialmente per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo ed il Fianco Sud dell’Alleanza, visto l’ampio spazio di manovra di cui godono i movimenti terroristici. Frusone ha ricordato come dalle risorse che i Paesi saranno in grado di investire dipenderà il futuro della NATO. Un tema ripreso dall’intervento dell’Ambasciatore Talò, che ha evidenziato un dato essenziale: l’80% delle spese per la difesa in ambito NATO sono sostenute da Paesi non UE (9 nazioni su 30). La condivisione economica delle spese militari (riassumibile nel fatidico numero del 2%) è un punto cruciale del Patto Atlantico e verrà indubbiamente discusso durante il prossimo vertice, su richiesta di Biden.

“Dobbiamo avere la consapevolezza che nessuno ormai – per quanto forte – è in grado di affrontare le sfide odierne da solo”. Così si è espresso l’Ambasciatore, enfatizzando i passi avanti fatti dalla nuova Presidenza Biden in questi termini. Dopo 4 anni di Presidenza Trump stiamo infatti assistendo ad un tentativo da parte della nuova amministrazione di recuperare l’alleanza con i partner europei, a patto che l’UE contribuisca maggiormente alla sua politica di sicurezza sotto l’ombrello degli Stati Uniti. Coesione ed unità tornano i concetti chiave. L’adattamento ad un mondo che cambia – secondo Talò – deve perseguire due obiettivi: la resilienza (per far sì che le nostre società possano assicurare continuità anche di fronti ad urti improvvisi come la pandemia) ed il mantenimento di un vantaggio tecnologico (intelligenza artificiale, robotica, biotecnologie, informatica quantistica).

Capire da dove veniamo per comprendere dove stiamo andando è fondamentale. Ecco perché una parte del dibattito è stato incentrato sul processo storico ed evolutivo della NATO. Gabriele Natalizia ha infatti realizzato un excursus storico, raccontando come l’Alleanza si sia trasformata in contesti di crisi, rispetto ai quali è riuscita sempre a dare dei feedback positivi ed efficienti. Nonostante alcune difficoltà, la NATO è riuscita a superare la sconfitta del suo nemico storico e a rimanere in piedi trovando una nuova ragione di vita. Si potrebbe dire che le condizioni abbiano mutato le intenzioni della NATO. Il primo Concetto Strategico post-Guerra Fredda nasce nel 1991 e porta l’Alleanza ad un nuovo core-business. Come ha sostenuto Natalizia, “la NATO nasce per combattere accumuli di potere ed eccessi di potenza ma in quella fase storica capisce che il problema è rappresentato da stati fragili che si combattono e creano instabilità”. Prima con la guerra in Bosnia nel 1995 e poi quella in Kosovo nel 1999, la NATO si dimostra lo strumento più efficace per gestire queste crisi, svolgendo le cosiddette “missioni Out of Area”. Ulteriore spartiacque è l’attentato alle Torri Gemelle e l’invasione dell’Afghanistan nel 2001, con l’attivazione dell’Articolo 5 del Patto Atlantico. Fino ad arrivare al 2010, anno in cui è stato approvato l’ultimo Concetto Strategico della NATO, fondato su 3 elementi quali la Difesa Collettiva, il Crisis Management e la Comprehensive Security.

Come ha ricordato Alessandro Marrone, la sfida per il futuro sarà quella di implementare il contributo alla sicurezza in termini di Cash(qualità della spesa), Capabilities(capacità in ambito terrestre, marittimo, aereo, cibernetico e spaziale)eContributions(quante risorse vengono spese per operazioni NATO). È importante sottolineare che gli interventi di stabilizzazione hanno oggi un minor rilievo per gli Stati Uniti. Piuttosto, contano maggiormente le operazioni di deterrenza (Paesi Baltici) e le esercitazioni militari. Stando così le cose, secondo Marrone, gli Europei in ambito NATO ed in ambito UE dovrebbero prendere la guida di un processo di stabilizzazione del Fianco Sud, lasciando agli Stati Uniti un ruolo di supporto tecnologico o logistico. Diventa indispensabile intervenire o con una missione UE o con una missione NATO o con entrambi i “formati”. Certamente – come evidenziato da Roberto Menotti – il ruolo dell’Unione Europea è cruciale nel contesto internazionale ed il suo rapporto con la NATO sta gradualmente diventando sempre più organico ed indispensabile. Menotti ha rimarcato le difficoltà di dialogo tra NATO ed UE negli ultimi anni, guardando con favore alla nuova amministrazione americana. Le sfide esterne impongono cooperazione. La Cina è un attore globale ma innanzitutto una potenza dell’Indo-Pacifico, un’area geografica su cui gli USA hanno una proiezione storica e naturale. Secondo Menotti gli Stati Uniti stanno chiedendo ai Paesi europei di occuparsi maggiormente dell’Europa e del loro vicinato, in particolare delle rotte marittime del Mediterraneo, della Libia, dell’Egitto, di Suez e del Sahel. Questioni in cui possiamo fare la differenza e che – tra le altre cose – verranno discusse nell’elaborazione del Nuovo Concetto Strategico

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