American Dante

di Ombretta Frau, Professor of Italian at Mount Holyoke College

Secondo lo studioso Joshua Matthews, agli inizi del 1800 quasi nessuno negli Stati Uniti conosceva o leggeva Dante, eppure quest’anno le manifestazioni per i settecento anni dalla morte del poeta fiorentino (sebbene rigorosamente in modalità virtuale) sono state numerosissime. Nel 2021 Dante continua ad essere parte del curriculum di numerose università americane non solo nei dipartimenti di italianistica, il che dimostra come la Commedia abbia  mantenuto la capacità di trascendere i confini, spesso insormontabili, delle discipline umanistiche.

Sempre secondo Matthews “Gradually introduced into the United States in English translations during the early 1800s, the Comedy gained much currency there as an epic poem that welded late-medieval theology and imperial politics into a unified cosmos experienced by a pilgrim-poet, a vision that supposedly anticipated the rise of the modern (Protestant) world and the global triumph of republican nationalism.” Non solo, durante la guerra civile (1861-1865), si pensava che il poema dantesco riflettesse chiaramente l’unione nordista contro i “traditori” sudisti che dovevano essere condannati a patire nei gironi più profondi dell’Inferno (Matthews, 37). A rendere ancora oggi così popolare la prima cantica del poema, l’Inferno, non è solo il grottesco delle punizioni inflitte ai peccatori o la complessa architettura teologica, storica e mitologica, ma le tematiche assolute in cui la società americana si rispecchia: la religione, la guerra, l’esilio, il tradimento, l’amor di patria. Ispiratore di grandi poeti quali altri due americani, TS Eliot e il “miglior fabbro” Ezra Pound, Dante continua ad essere presente nella cultura popolare americana, dal hip hop, al giallo (si pensi al fortunato Dante Club di Matthew Pearl, per citare un solo titolo), al memoir di guerra (il volume di Tyler E. Boudreau, Packing Inferno: The Unmaking of a Marine è la storia di un marine che si confronta con Dante durante la sua missione in Iraq).

Dante è una presenza particolarmente importante anche nell’idillico campus del Massachusetts dove insegno da quasi due decenni, il Mount Holyoke College, fondato nel 1837 da una caparbia insegnante – Mary Lyon (1797-1849) – che aveva deciso che le porte della carriera universitaria dovevano essere aperte anche alle donne. L’italiano fa parte del curriculum dalla seconda metà dell’Ottocento ma il primo titolare della cattedra di italianistica e mio illustre predecessore, si chiamava Valentine John Giamatti. Oggi il nome Giamatti fa venire in mente, agli appassionati di cinema e televisione, l’attore Paul (conosciuto per film come Sideways e serie tv come Billions). Nato a New Haven nel 1967, Paul è figlio di Bartlett, primo rettore non anglosassone di Yale (cosa che creò qualche polemica negli ambienti snob dell’Ivy League), e nipote di Valentine. Quest’ultimo, figlio di immigrati italiani il cui vero nome era Giammattei, sposò una ragazza americana, Mary Whalton, studiò a Yale e poi ottenne la cattedra al Mount Holyoke College dove ha lasciato un’eredità importante che ancora oggi celebriamo con la Giamatti Lecture, evento che ogni anno ospita autori e personalità di spicco della cultura italiana; il primo ospite fu Italo Calvino, seguito, in anni più recenti, da Lucia Annunziata, Dacia Maraini, Jhumpa Lahiri, Amara Lakhous, e tanti altri. Giamatti ha il grande merito di aver saputo divulgare la cultura italiana in un momento storico delicatissimo, gli anni del fascismo e della seconda guerra mondiale. Alla passione pedagogica e alla ricerca ha unito anche quella per il collezionismo lasciando in eredità all’università la sua importante collezione di testi della Divina Commedia, fra cui un’edizione del 1481. Quest’anno abbiamo onorato i sette secoli che ci separano dalla morte di Dante con una lettura completa della Divina Commedia in italiano, maratona a cui hanno partecipato studenti vecchi e nuovi (fra cui anche allieve di Valentine Giamatti), la rettrice dell’università, membri dello staff e numerosi colleghi di varie discipline, dalla storia dell’arte, alla matematica, alla fisica.

A settecento anni dalla morte di Dante le parole di TS Eliot sembrano avere ancora il loro peso, dunque: “Dante and Shakespeare divide the modern world between them; there is no third”.

Citazioni: Matthews, Joshua. “Walt Whitman’s Vision of the Inferno, or Dante in Drum-Taps.” Walt Whitman Quarterly Review 32 (2014), 36-68

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