Insorgere negli Stati Uniti del sud. “Gli alberi” di Percival Everett

Money, Mississippi, si presenta proprio come il nome lascia immaginare. Battezzata secondo quella persistente tradizione ironica del Sud e la connessa tradizione di nescienza, porta un nome che assume una sfumatura un po’ triste, segno di un’imbarazzata ignoranza che tanto vale accettare perché, diciamocelo, non è che sparirà. (1)

Se esistono romanzi che sovvertono le regole della narrativa, Gli alberi di Percival Everett rientra a pieni titoli tra questi. Si tratta dell’ultimo libro di uno scrittore estremamente prolifico che dagli anni ottanta sostiene con le sue scelte le case editrici indipendenti americane decidendo di pubblicare in modo esclusivo con loro.

Gli alberi si sviluppa su un’architettura narrativa particolare, sostenuta da un’ironia e uno sbeffeggiamento continuo. La pace di una città del sud degli Stati Uniti, Money in Mississippi, viene stravolta da due omicidi efferati a distanza di pochi giorni: due uomini vengono trovati mutilati e massacrati e uno, in particolare, un uomo nero, spunta anche sulla scena del secondo omicidio. L’uomo ricorda a molti Emmett Till, un ragazzo linciato per motivi razziali più di cinquant’anni prima nella stessa cittadina. I detective che vengono inviati a Money per indagare e che si imbatteranno una forte resistenza di stampo razzista incontrano anche Mama Z, una vecchia che raccoglie da anni i nomi di tutte le persone nere linciate o uccise per motivi razziali negli Stati Uniti.

Le premesse per un thriller di successo sono tutte presenti, ma Everett si spinge anche oltre. Gli alberi, infatti, ha il pregio di non rimanere incastrato nei confini di un genere solo. Esula da questi e l’ironia che trasuda dalle pagine non fa che aumentare il senso di straniamento di fronte a un romanzo che chiede di essere letto in modo diverso. Se nella prima parte il libro si sviluppa come ci si potrebbe aspettare da una crime story, ci si rende presto conto che a Everett non piace solo giocare con la letteratura e il ribaltamento di questa ma anche con il lettore.

Si tratta, infatti, di una derisione e satira continua di determinate strutture sociali, non solo le stesse che vengono criticate. L’impianto profondamente razzista e razzializzante del sud degli Stati Uniti, ma anche il sistema di resistenza che si sviluppa di fronte ad esso sono oggetto centrale dello smantellamento di questo romanzo. La tradizione del sud è forte e nello stesso modo in cui ha dato vita ad architetture letterarie altrettanto preponderanti, queste vengono a loro volta ribaltate da Everett da cima a fondo. Il grottesco, il sovrannaturale, l’hoodoo, strutture tipiche della letteratura (spesso anche razzializzante) del sud, sono usate in modo da scuotere lo stesso impianto sociale su cui si sono sempre poggiate. Everett riesce così a creare un’altra tradizione, soprattutto attraverso il personaggio di Mama Z e l’atto di trascrivere i nomi dei martiri di quella guerra razziale sul suo taccuino.

Mama Z girò il blocchetto verso di sé e guardò l’elenco.

“Perché lo stai facendo?” chiese a Thruff.

“Quando scrivo i nomi, diventano reali, non sono più mere statistiche. Quando scrivo i nomi, tornano a essere reali. È quasi come se quelle persone ottenessero qualche altro secondo qui. Capisce quello che intendo? Non sarei mai in grado di inventarmi tutti questi nomi. I nomi devono essere reali. No?”

Mama Z poggiò la mano sul lato del volto di Damon.

“Perché a matita?”

“Una volta finito, cancellerò tutti i nomi, liberandoli.”

“Va avanti, figliolo,” disse l’anziana. (237)

La svolta giunge nel momento in cui anche la rivolta diventa oggetto della satira e della derisione. Nulla con Everett è mai del tutto prevedibile. Nella dinamica vittima-carnefice che fuoriesce dal discorso sulla struttura sociale razzista del sud, nelle immagini terrificanti delle scene del crimine e dai racconti di Mama Z sulle vittime di questo sistema, Everett sembra chiedere al lettore di fare una riflessione in più. Cosa può portare la mancanza di giustizia in una società che priva gli esseri umani anche del proprio nome?

Con la rabbia cieca e altrettanto razionale che si instilla lentamente tra le pagine del romanzo, il lettore viene portato a domandarsi dove ci troviamo ora, quali sono state le conseguenze di determinate azioni e se le risposte ad esse siano solo una copia, al contrario, di ciò che è già stato. Nella parola “insorgere” che presto prende il sopravvento nella storia è concentrata l’essenza del giorno del giudizio umano, quello definitivo per tutti, neri e bianchi.

 

Francesca Titolo – Le ore dentro ai libri

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