La casa sul lago | Intervista a David James Poissant

La casa sul lago è il primo romanzo di David James Poissant, pubblicato in Italia da NN editore nella traduzione di Gioia Guerzoni.

Nella piena tradizione del romanzo famigliare americano, La casa sul lago racconta l’ultimo weekend che la famiglia degli Starling passa nella loro casa delle vacanze sul lago Christopher nel North Carolina. 

Un luogo in cui questa famiglia ha trascorso i tempi migliori: un luogo di ricordi, di momenti famigliari vissuti sin da quando Michael e Thad erano bambini e, benché negli anni sia stata una fonte di spese e di preoccupazioni –soprattutto quando nei dintorni erano comparsi i primi sintomi di un nuovo sviluppo edilizio – ha sempre assunto un valore di ripartenza per i coniugi Starling 

La casa sul lago, è stato il rifugio estivo della famiglia Starling per molti anni dove chi più chi meno è risultato autentico e senza veli. Se la casa nel loro passato, infatti, è stato un punto di ripartenza e un centro di gravità per le loro vite, ora sembra non esserlo più. La trascuratezza delle suppellettili e la necessità di impellenti lavori di manutenzione rispecchiano la situazione interiore dei vari componenti della famiglia.  

La vendita della casa rappresenta il punto di rottura di meccanismi sopiti nelle dinamiche della famiglia Starling, un momento cruciale per uscire da una impasse che è allo stesso tempo tragedia e incomprensione. 

Subito il primo giorno, la famiglia assiste a un evento tragico che sconvolge per sempre la loro permanenza lì scatenando un vortice di dolore che spazza via ogni buona intenzione negli Starling di passare un’ultima settimana in allegria in famiglia.  

Un lungo weekend in cui ogni equilibrio va in frantumi, la tragedia che scatena gli eventi, e fa scaturire forti reazioni mette in crisi il già fragile equilibrio. La finzione, le maschere che da sempre ognuno di loro indossa, si fanno sempre più evidenti e difficili da portare. Ognuno di loro, partner inclusi, si trova a dover fare i conti con le proprie paure e con i propri segreti, sia personali sia di famiglia. Crollata la serenità, crollano anche le maschere e ognuno di loro non può fare altro che mostrarsi agli altri per quello che è realmente. 

Poissant è molto bravo nel caratterizzare i propri personaggi e le loro relazioni, e soprattutto nel raccontare la mutevolezza dell’amore, esplorato da punti di vista differenti. La sua quotidianità, le mancanze, le incomprensioni, i dubbi, un sentimento che si trasforma nel tempo, impetuoso e imprevedibile, a cui affidarsi senza opporre resistenza. 

In un racconto che seppur racchiuso nello spazio di tre giorni d’azione narrativa Poissant mette in mostra fragilità e cambiamenti dell’amore tra partner e quello genitoriale riuscendo a raggiungere livelli altissimi di analisi personale. 

I personaggi sono esseri umani imperfetti, tutti un po’ perdenti, uomini e donne che sembrano volersi condannare all’infelicità. Soprattutto Michael e Thad, ognuno impegnato a combattere con i propri demoni, la dipendenza, la depressione, il senso di fallimento. Figli di una famiglia benestante, cui sentono di aver tradito le aspettative. Tutti che cercano di non affogare nelle proprie miserie.  

Poissant ci mostra una famiglia sia nel suo complesso che nello specifico di ogni individuo; mostrandoci quanto ci si riesca a conoscere e, al contempo, non ci si conosca affatto, persino tra persone legate tra loro da diversi decenni e di come spesso siamo noi stessi i carnefici di chi amiamo, per sopravvivenza, per egoismo, per cecità. 

Seduti tutti insieme allo stesso tavolo è come se la consapevolezza di vivere un’ultima estate al lago appesantisse tutti i membri della famiglia, come se i legami tra loro venissero messi a dura prova, tirati fino a farli spezzare. Rimpianti, recriminazioni, vecchi rancori, segreti sopiti, tutto contribuisce a far diventare l’ultima estate sul lago Christopher un momento chiave per tutti i componenti della famiglia. 

C’è bisogno di parlare, ma ciò che si deve dire non farà felice nessuno, ma non si può più mentire. Nonostante tutte le difficoltà bisogna andare avanti, e l’unico modo per farlo… è andando avanti. Una volta toccato il fondo non si può che risalire: perfino in acque come queste calme all’apparenza. Bisogna andare avanti e alla fine un modo si trova. 

Durante il nostro ultimo incontro abbiamo avuto in collegamento l’autore a cui siamo stati veramente lieti di poter fare diverse domande. Di seguito trovate la trascrizione di tutte le sue pazienti risposte, sia alle nostre domande che a quelle dei partecipanti del Bright Lights Bookclub.


Sono tanti i temi che pian piano si dipanano intorno alle vite di questi sei personaggi, ma sicuramente la famiglia è uno dei più importanti, la famiglia e il sacrificio che le si richiede per rimanere unita intorno alle sofferenze di ognuno. 

“Come facciamo a trovare un modo?” chiede Richard 

“Andiamo avanti. E’ l’unico modo. Andiamo avanti.” 

“Come se non fosse successo?” chiede lui. 

“Certo che no. Quello che hai fatto sarà sempre lì. E io ti odio per questo. Ma ti amo, anche. Sto imparando ad amarti ed odiarti insieme.” (pag. 320) 

David racconti verità scomode in questo libro, racconti di compromessi difficili da accettare, verità taciute, delusioni che bruciano. Ma c’è in queste pagine il segreto per superarle? La famiglia che racconti è una famiglia che si salva o che annega? 

Grazie per la domanda. Domanda difficile per cominciare. Penso che la famiglia sia una cosa difficile. Ho scritto questo romanzo dopo aver scritto numerosi racconti, circa 40/50.

Un mio amico mi ha fatto notare che, in generale, i miei racconti finiscono non con una soluzione del problema, piuttosto alla fine i personaggi si rendono conto che l’unica soluzione è quella di andare avanti.

Ho continuato a riflettere su queste parole e ho deciso di trasformarle in un dialogo di Richard o Lisa, ora non ricordo bene … proprio perché quello che ho cercato di spiegare è che non necessariamente un romanzo, una storia debba finire con un lieto fine. Il fatto è che la cosa fondamentale è che ad un certo punto bisogna accettare che la vita deve andare avanti. Il che non significa dimenticare e perdonare ma non si può indugiare a lungo su una tragedia. La vita deve andare avanti.

In realtà tutto questo è successo proprio nella mia famiglia mentre stavo scrivendo questo romanzo: i miei nonni, hanno deciso all’età di circa ottant’anni di divorziare, pensando che forse il divorzio sarebbe stata la soluzione migliore per essere più felici, un modo per risolvere i problemi. Nel caso dei miei nonni non è stato così. Sono convinto che non sia stato così. Se fossero rimasti insieme e accettare di continuare a convivere con questi problemi penso che mio nonno sarebbe morto meno solo.

 Le stelle non sono mappe, è l’uomo che le ha organizzate così. Non dicono il futuro, né dove andare né come, o cosa viene dopo. No, le stelle che vede hanno liberato la loro luce anni prima, luce che ha viaggiato decenni, secoli, per raggiungere questo telescopio. Il futuro è davanti a loro, sconosciuto, invisibile. E forse non sapere è un dono.” (pag. 340)

La spiritualità di Lisa gioca un ruolo importante nella famiglia Starling. E’ una madre che ha fatto tanti errori, come tutte le madri, ha forse voluto proteggere troppo i suoi figli, ma con il suo amore e la sua fiducia nel futuro riesce a portarli in salvo? Oppure è sua la colpa se sono arrivati fin lì in quelle condizioni? Fino a che punto un genitore può influenzare l’andamento delle vite dei propri figli? 

Grazie per questa domanda molto importante anche perché io stesso sono padre di due gemelle di circa dodici anni e spesso io e mia moglie ci chiediamo fino a che punto, quello che si dice dna versus ambiente familiare, cioè quanto la natura e quanto tu gli dai li forma e li forgia

Una delle domande centrali di questo romanzo è che aspetto ha il vero amore, se una madre consente ai propri figli di fare errori in realtà li sta amando o li sta in un certo senso abilitando sta dando loro delle possibilità.

Non so in merito alla domanda … in realtà Lisa sicuramente ha fatto degli errori, ma se ha fatto delle scelte positive o negative, lascio al lettore la possibilità di decidere perché penso che ognuno ha la responsabilità delle proprie azioni

Nel caso dei due figli, di fronte a problemi seri come la malattia e la dipendenza Liza ha cercato di incanalarli, forse se c’è un qualcosa di cui rimproverarla è di non averli fatti seguire in maniera più professionale da un terapeuta o da un esperto.

 Una domanda più tecnica riguarda la voce narrante di questo romanzo. E’ una storia raccontata in terza persona ma il narratore riesce ogni volta ad assumere toni diversi, in sintonia con il personaggio protagonista di quel capitolo. E’ una scelta fatta a priori o è venuta naturalmente mentre scrivevi il romanzo?

Grazie per averlo notato. Devo dire che mi sono impegnato moltissimo in questa direzione e devo dire che mi piacciono i romanzi vecchio stile che in un certo senso riescono a esprimere opinioni a farne la parte editoriale; anche se per quanto mi riguarda il mio modo scrivere è quello di zoomare nella testa del personaggio che in quel momento sta avendo la scena. Il romanzo è scritto con il punto di vista dei sei personaggi ma ciascun capitolo è dedicato ad uno di loro. Quello che ho cercato di fare è stato di adottare, quello che chiamiamo uno stile libero uno stile diretto, vale a dire filtrare questa narrazione utilizzando una terza persona attraverso le immagini, le scelte, i dialoghi e la voce di quello che è di volta in volta il protagonista in maniera tale che la voce narrante sia informata del modo in cui questo personaggio vede il mondo.

Il finale. Tutti credono di conoscersi in questa famiglia, ma in verità non conoscono bene neanche loro stessi, come sempre avviene per tutti. Eppure qualcosa li tiene fortemente uniti e ciò che li salverà davvero sarà la verità, la forza di ammetterla e di accettarla. Personalmente trovo che non ci sia nulla di più profondamente vero di quello che hai scritto tu, ma concludere un romanzo così, al giorno d’oggi, lasciando un barlume di speranza, è una scelta molto coraggiosa. Le persone vogliono conclusioni tragiche, si aspettano di soffrire, quasi come se accettare di superare e sopravvivere al dolore sia impossibile. Perché secondo te?

Penso che le persone si aspettino un finale tragico perché molto spesso le persone leggono libri per sentirsi meno sole e quindi nel leggere un finale tragico pensano hanno la sensazione di non essere le sole a soffrire. Chi ha raccontato questa sofferenza la capisc Questo non significa assolutamente che se un altro soffre io ne sono felice, ma semplicemente che questa sofferenza è una condivisione: soffro, ho perso ma non sono solo.

Poi la ragione per la quale ho voluto concludere il romanzo in questo modo è che ho voluto che la tragedia si verificasse all’inizio, che la cosa peggiore succedesse trent’anni prima.  La perdita di questa vita in un certo senso ricorda e riporta la tragedia.

Non significa che sono tutti felici, non c’è una felicità definitiva perché tutti questi personaggi devono fare i conti con la realtà e non è detto che ce la faranno. Micheal riuscirà ad uscire dalla dipendenza, Jack e Thad riusciranno a mantenere questo rapporto di monogamia, Lisa riuscirà a continuare ad amare Richard? Tutti i personaggi in questo finale si trovano in un punto difficile, non hanno risolto i loro problemi.

Le figure femminili di questo romanzo hanno un ruolo molto decisivo sulle vite degli altri personaggi. Sembrano però non accorgersi della realtà: la moglie di Michael non si rende conto che il marito ha una dipendenza dall’alcol, Lisa non si accorge del dolore di suo marito che trova addirittura sfogo con il benzinaio, la fidanzata del pittore non ha capito che il suo compagno è un artista di poco valore.

In realtà penso che tutte e tre siano accecate dall’amore perché vogliono fidarsi della persona che amano e quindi l’uomo le fuorvia, le imbroglia. In realtà questo discorso non è intenzionale ma perché, come è stato detto prima, sono persone che non conoscono neanche se stesse. Per esempio nel caso di  Micheal lui stesso non ammette neanche con se stesso di avere un problema, non ha ancora presa consapevolezza di essere un alcolista per cui non ne parla pensando di poter facilmente risolvere questo problema da solo.

Quanto è riuscito, nello scrivere questo romanzo, a far emergere il contrasto generazionale? 

E’ sicuramente una parte molto importante del romanzo ed è una delle ragioni per cui ci è voluto tanto per scriverlo. Ho iniziato a scrivere questo romanzo nel 2011 sotto la presidenza di Obama. Ho continuato a scriverlo nel 2012 quando fortunatamente Obama è stato rieletto e quando incredibilmente Trump è stato eletto è stato uno shock e io non volevo ignorare questa cosa. Voglio sottolineare come per esempio Richard e i suoi coetanei non parlano della politica della religione mentre chi appartiene alla mia generazione Millennials e gli appartenenti alla Generazione Z non possono prescindere da questi argomenti perché la politica è davvero qualcosa che è troppo vicina all’etica. Non si può essere amico di qualcuno che ha votato Trump e lo nega. Volevo soprattutto sottolineare l’aspetto del gap generazionale del divario tra le varie generazioni e come per tutti la politica è il centro della propria vita anche se ci sono persone totalmente apatiche come Jake a cui tutto questo non interessa.

Si può considerare il lago del romanzo come un grande utero? Il lago stesso come rottura delle acque in cui le aspettative dei genitori possono essere deluse, d’altronde i parti non vanno sempre tutti bene e quello che ne esce è un grandissimo mistero? Può essere una chiave di lettura?

Mi piace molto questa interpretazione. Non mi era mai venuta in mente ma farò finta che sia stata una mia idea per cui il titolo è molto giusto.

Tre dei personaggi sono artisti e l’arte è un aspetto molto presente nel romanzo. Non porta molto lontano tutti lottano con questa creatività che non sempre emerge se non solo per scopi commerciali. 

Ritengo che ogni scrittore tende a mettere tutti i suoi interessi in quello che scrive soprattutto una prima opera come nel mio caso. Ho sempre amato dipingere, ho sempre avuto interesse nella scienza anche se non ne so molto. Sono sempre stato interessato alle domande che riguardano la politica, la famiglia la religione, la vita la morte tutte queste cose le ho messe nel mio romanzo. Tra l’altro ancor prima di diventare scrittore volevo diventare pittore.

Quello che volevo mostrare con questo Lake Christopher, che si ispira ad un vero lago che si trova nel North Carolina, è che tutte queste città in riva al lago, queste città di vacanza, e penso che questo valga anche altrove, sono città che hanno una parte ricca e una più povera. Nella stragrande maggioranza di queste città ci sono nella parte commerciale, ci sono vere e proprie gallerie d’arte e negozi che vengono dipinti che non sono vere e proprie opere d’arte ma più che altro opere commerciali ed era quello che volevo mostrare attraverso l’artista Jake di New York che si trova in questo posto ci vedere la differenza tra i due tipi di arte anche per cercare di capire cosa sia effettivamente l’arte.

Pur con i loro problemi Richard e Lisa abbiano fatto del loro meglio come genitori, mentre i figli hanno un po’ deluso le loro aspettative. Però Richard e Lisa hanno gestito male la morte della prima figlia. E’ giustificabile nascondere all’interno di una famiglia una tragedia così grande come la morte di una figlia?

Non credo che sia giustificabile comunque è una domanda molto difficile.

Credo Richard e Lisa abbiano in un certo senso nascosto la verità perché amavano i loro figli.

Penso che Michael e Thad avessero il diritto di sapere che avevano una sorellina; probabilmente i genitori l’hanno nascosta per proteggerli da questa verità dolorosa. Purtroppo l’hanno nascosta troppo a lungo senza considerare che poi palesata avrebbe dato la sensazione di tradimento. Hanno fatto una scelta di cui, come dicevamo prima, si portano le conseguenze.

Probabilmente dire a un bambino troppo piccolo che tutti muoiono è una verità troppo pesante d’altronde non si può fare affrontare la vita ad un figlio senza sapere che la morte è una cosa reale

Questa scelta, pur negativa, era per evitare una verità dolorosa e per proteggere i loro figli.

Nei confronti del libro ho avuto un atteggiamento contrastante. Ho apprezzato molto l’analisi dei personaggi nella prima parte che sono molto profonde e danno il senso della solitudine, della delusione, della incomunicabilità tra partners e tra genitori e figli e dunque danno una visione che contrasta con i sentimenti d’amore che sembrano essere stati presenti in questa famiglia o che sembrano essere stati immaginati come presenti nella loro vita durante le vacanze sul lago. In un primo momento ho trovato dissonante il finale perché mi è sembrato difficile conciliare questa analisi con un un happy ending di tipo tradizionale. Ma poi ho pensato a un’ipotesi: ho pensato che forse c’è stata un’astuzia in questo happy ending da parte dell’autore o meglio, una riflessione più profonda dell’autore che è una conferma della incomunicabilità reciproca tra le persone e che la famiglia borghese sia un involucro che soffoca le spirazioni dei componenti se questi non riescono a venire fuori.

Così come l’inizio non è un inizio tradizionale, perché c’è subito la tragedia, anche il finale è un po’ particolare. Il finale non lo vedo un happy ending perché non sappiamo se i personaggi riusciranno nei loro intenti e cosa ne sarà delle loro vite. Se le tre coppie resteranno insieme. Più che un lieto fine è un finale con un po’ di speranza.

Ci sono due punti di vista per vedere il finale. Sicuramente è quello di vedere la famiglia borghese che nasconde tutte le difficoltà e si mette in un angolo al buio soffocando tutto

In realtà c’è anche un altro modo di interpretare il finale, quello che io preferisco, che è quello di decidere di amarsi per quello che sono e rimanere insieme. Lisa sta cercando di imporre il proprio modo di essere e di vedere le cose ma è anche possibile che stia dando alla sua famiglia un’altra possibilità di accettarsi per quello che sono e continuare ad amarli per come sono.

Potrebbe esserci un seguito?

In realtà alcuni personaggi erano già presenti in alcune delle storie della prima raccolta di romanzi, il “Paradiso degli animali”. In realtà ero convinto di aver chiuso con quei personaggi invece mi sono ritrovato a parlarne e a scriverne di nuovo dopo trentacinque anni dalla tragedia iniziale. Adesso completato il romanzo incominciano a frullarmi per la testa domande come che tipi di genitori saranno Michael e Diane, Richard e Lisa come vivranno la loro nuova vita e per quanto tempo, … però diciamo che se dovessi lavorare a un altro romanzo sarà a una distanza di almeno dieci dodici anni con nuove storie da raccontare e personaggi da inserire.

Qual è il suo personaggio preferito e perché?

Il mio personaggio preferito è Thad.

Thad è il personaggio che sento più vicino primo perché si sente un poeta, un poeta fallito un po’ come me quando ho iniziato a scrivere non riuscivo a tratteneva dalla scrittura

E poi anche perché Thad contiene tutta una serie di elementi che appartengono al mio grande amico Jonathan che è quasi un fratello per me.

Grazie mille per le domande molto intelligenti perché si vede che è un gruppo che ha letto con molta attenzione.


 

Ricordiamo a chi volesse partecipare o aggiungersi al gruppo i seguenti link: 

 


 

Alcuni materiali di approfondimento (elenco completo per gli iscritti al bookclub): 

 

Mario Capello, Come una vecchia casa accogliente, «HuffPost», 21 novembre 2020: https://www.huffingtonpost.it/entry/come-una-vecchia-casa-accogliente_it_5fb7d2c7c5b67f34cb3a523d/ 

 

Suzanne Van Atten, Secrets Bob to the Surface in Dazzling Debut Novel, «The Atlanta Journal-Constitution», June 28, 2020: https://suzannevanatten.com/2021/03/02/secrets-bob-to-the-surface-in-dazzling-debut-novel/ 

 

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