Una Biennale radicale e molteplice: natura e senso del presente
Ortisei, 1 giu. (askanews) – Pensare a quali possibilità di vita e di sopravvivenza avremo, cercare di ritornare ad avvicinarsi a un’idea di selvaggio, come valore e come contraddizione, per immaginare qualcosa che vada oltre il Capitalocene e apra delle nuove prospettive. La nona edizione della Biennale Gherdëina, curata da Lorenzo Giusti sulle Dolomiti della Val Gardena, è un progetto artistico potente e coraggioso, radicale e consapevole, che vuole ragionare in termini di ecologia e non di mera sostenibilità.
“Più che raccontare il selvaggio – ha spiegato Giusti ad askanews – questo è un progetto che racconta la contraddizione, che oggi è evidente, tra una dimensione che è diventata quasi esclusivamente letteraria e la possibilità effettiva di esperire una natura incontaminata, una natura libera, uno stato di natura, che è uno dei grandi temi trattati dai filosofi illuministi. E quindi abbiamo interrogato gli artisti su questo aspetto e gli artisti, al loro modo, hanno dato risposte molteplici, hanno composto un mosaico di visioni e di possibilità. Ci siamo interrogati anche su quale spazio le ceneri del capitalismo possono lasciare, quali possibilità possono offrire a un’idea di natura che possa essere ancora libera”.
Distribuita su più sedi, a contatto diretto con la montagna e la natura, questa Biennale si intitola “Il Parlamento delle marmotte” e ricorda mitologie antiche, ricorda il tempo di un’alleanza tra esseri umani ed esseri non umani. E questa idea di ibridazione, che poi è sempre più frequente nella filosofia contemporanea, ritorna continuamente nelle opere e nei progetti esposti.
“Ci sono al mondo forse 300 biennali d’arte – ha aggiunto Eduard Demetz, presidente della Biennale Gherdëina -. Noi siamo una biennale che ha la particolare di non essere esportabile, proprio per il fatto di essere in contatto stretto con l’ambiente, con la natura, con la cultura locale”.
La relazione con il territorio è una delle caratteristiche fondanti del progetto, che nasce anche dal lavoro della gallerista Doris Ghetta, ma il modo in cui poi le varie mostre, installazioni, opere e performance stanno dentro lo spazio – fisico e mentale – della Val Gardena è universale e contemporaneo e, attraversandolo, se ne sente anche la componente di necessità. “Il sogno – ci ha detto ancora Demetz – è sempre quello di creare un contrappunto forte al mondo delle pazzie del tempo moderno, dell’antropocentrismo, del capitalocentrismo e via dicendo”.
Gli artisti presenti sono tanti, sono consapevoli, c’è Chiara Bersani e c’è Julius von Bismarck, c’è l’Atelier dell’Errore e c’è Diana Policarpo, solo per citare alcuni nomi. Ma a contare è più il senso complessivo, la costruzione di un ragionamento di respiro e di movimento. Ispirandosi anche alla pratica del camminare cara a un altro artista importante presente a Ortisei come Michael Höpfner.
“Il cammino – ha concluso Lorenzo Giusti – ha ispirato tutto il progetto in qualche maniera, perché lo ha reso libero. Libero da cornici troppo rigide, da strutture troppo definite. Ci siamo concessi anche alla libertà e alla possibilità della contraddizione, che è quello di cui il camminare può farti fare esperienze”.
Ecco, la contraddizione. Qui la Biennale Gherdëina gioca la sua partita più importante, quella probabilmente più vicina alla visione di Lorenzo Giusti: ibrida, impermanente, viva e diversa.