La stanza di Giovanni di James Baldwin

Successe che, del tutto inconsapevole di cosa significasse questo ennui, mi stancai del movimento, mi stancai dei fiumi di alcol senza gioia, mi stancai delle amicizie veloci, entusiaste, calorose, e totalmente insignificanti, mi stancai di vagare tra foreste di donne disperate, mi stancai del lavoro che mi dava da vivere solo nel senso più brutalmente letterale del termine. Forse, come diciamo in America, volevo trovare me stesso. Questo è un modo di dire interessante, che io sappia non è usato nelle lingue di altri popoli, e sicuramente non significa ciò che dice ma tradisce il preoccupante sospetto che qualcosa sia finito nel posto sbagliato.

Qualcosa, per David, il giovane protagonista del romanzo La stanza di Giovanni, è finito fuori posto. Lui non sa ancora cosa sia, ma il presagio a poche pagine dall’inizio del libro è che, forse, anche se lo scoprirà non se lo dirà mai davvero. David è un giovane americano, in esilio volontario in Francia dove aspetta la sua fidanzata in viaggio anche lei in Spagna per ritrovare sé stessa. L’auto-espiazione del peccato di ennui è la parte centrale per l’inizio di La stanza di Giovanni, sia per il proseguo del romanzo che per il tipo di narrazione portata avanti dal protagonista.

La storia di questo romanzo è, infatti, raccontata da un David più avanti nel tempo rispetto a colui che vive le avventure parigine in compagnia di un ragazzo stravagante dal nome di Giovanni. Il rapporto che si interseca nella narrazione viene taciuto finché lo stesso Giovanni non si ribella al silenzio che David impone alle sue emozioni. Se Baldwin stesso ritrovò il nucleo del romanzo nell’incapacità di amare qualcuno, questa inizia proprio con il dubbio su chi amiamo davvero. David sembra essere in cerca di un rifugio dalla propria vita e dalla propria sessualità, rifugio che trova letteralmente e metaforicamente nella stanza del giovane Giovanni.

La stanza viene spesso vista dal protagonista come un luogo nel quale il tempo si ferma e lo spazio sembra ridursi a quelle poche mura rovinate dal tempo e dall’incuria. Nemmeno le uniche finestre della stanza danno la possibilità di una vera vista verso l’esterno, poiché si affacciano su un cortiletto bloccando del tutto la visuale. Se da una parte questa chiusura nei confronti dell’esterno privi il protagonista e il suo amante delle angosce e delle paure nei confronti del loro rapporto, dall’altra crea un gioco di specchi nel quale David proietta le stesse angosce sul rapporto con Giovanni. 

Quest’ultimo, afflitto dalla mancanza di coraggio e di amore di David, sembra essere l’unico personaggio con dei sentimenti che, seppur esasperati, riflettono la sincerità dell’amore che prova per l’americano. Nel viaggio verso quella che David narratore pensa essere l’espiazione dei propri peccati, si viene condotti alla scoperta del rapporto zoppicante tra i due personaggi che esplode nel momento in cui David si rifiuta di scoprirsi davvero. La stanza, da rifugio qual era per i due amanti e per l’identità perduta di David si fa letteralmente stretta e si trasforma in un luogo in cui l’esterno cerca violentemente di farsi strada per entrare.

Tanto per cominciare, la stanza non era grande abbastanza per due. Si affacciava su un piccolo cortile. “Affacciava” significa solo che la stanza aveva due finestre contro le quali il cortile premeva con ostilità, avanzando di giorno in giorno, come se pensasse di essere una giungla.

Sebbene David tenti di portare l’attenzione sulla vita disgiunta e disastrata di Giovanni, la narrazione appartiene essenzialmente a lui. Si crea così un gioco di proiezioni nel quale Giovanni è la vittima del goffo tentativo di David di raddrizzare le storture delle loro vite pur di non guardarsi dentro davvero. Il terrore del protagonista si percepisce sin dall’apertura del romanzo e dalle note teatrali che Colm Tóibín ha rintracciato nelle pagine della postfazione all’edizione Fandango. David, a distanza di tempo, è così pronto a giudicarsi e a espiare il peccato più grande che si possa commettere in un rapporto umano: la paura di amare e la definitiva incapacità di farlo.

Francesca Titolo – Le ore dentro ai libri

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