USA – Cina, competere senza farsi la guerra

di Giorgio Catania

Pochi punti in comune ed alcune linee rosse da non varcare. È l’estrema sintesi dello storico faccia a faccia tra Joe Biden e Xi Jinping, svoltosi a margine del G20 di Bali. Non si è trattato infatti di un incontro pacificatore tra le parti quanto piuttosto di un’occasione per tracciare i confini di una competizione che rimane aperta a tutti gli effetti. Joe Biden ha affermato che la sfida tra le due superpotenze sarà “vigorosa” ma non sfocerà in un conflitto o in una nuova guerra fredda. Gli ha fatto eco Xi Jinping, che ha sostenuto come il mondo sia “abbastanza grande perché due paesi possano svilupparsi e prosperare insieme”. Per evitare ogni tipo di escalation è necessario che il dialogo tra i due leader sia costante. Ed è per questo che l’amministrazione Biden starebbe pensando alla possibilità di installare un “telefono rosso” con la Cina, una linea di comunicazione diretta di emergenza simile a quella già messa in piedi con la Russia. Resta da vedere se Pechino vedrà di buon occhio questa prospettiva.

Tanti i punti agenda, in un colloquio durato oltre 3 ore.

Guerra in Ucraina

Il tema è molto delicato, specialmente se consideriamo “l’amicizia senza confini” tra Putin e Xi e l’assenza di un’esplicita condanna dell’invasione russa da parte di Pechino. All’inizio del conflitto il leader cinese aveva dichiarato che “spetta a chi ha legato il sonaglio al collo della tigre il compito di toglierlo”, accusando la Nato di aver posto le basi per una situazione di conflitto “accerchiando” la Russia. Alcuni osservatori hanno sottolineato come il Dragone guardasse alla questione ucraina come un “laboratorio” per studiare le reazioni occidentali, in modo da capire cosa dovrà aspettarsi quando deciderà di invadere Taiwan. Con il passare dei mesi Xi ha compreso quanto ingombranti possano essere gli effetti della guerra ed è sceso a più miti consigli, arrivando a sostenere una ripresa dei colloqui tra Russia e Ucraina, con il supporto di Usa, Nato e Ue. In questa cornice si inserisce la presa di posizione netta e coordinata di Washington e Pechino, che si sono dichiarati assolutamente contrari all’utilizzo di armi nucleari nel conflitto in corso. Gli Stati Uniti hanno ribadito il loro sostegno militare a Kiev ma non è un mistero che stiano guidando delle trattative con i vertici russi su possibili soluzioni di pace.

Taiwan

Il dossier relativo a Taiwan è sicuramente quello più critico. Entrambe le parti non sembrano infatti essere disposte a fare sconti. Pechino considera l’isola ribelle come parte integrante del proprio territorio e pianifica da tempo la riunificazione, senza ammettere ingerenze esterne. Xi Jinping ha infatti dichiarato che “la pace e l’indipendenza di Taiwan sono inconciliabili come l’acqua e il fuoco”, aggiungendo che si tratta di una “linea rossa” da non superare. Dal canto suo Joe Biden ha espresso la contrarietà degli Usa a qualsiasi tipo di azione aggressiva o coercitiva nei confronti di Taipei, ribadendo che la questione va risolta in maniera pacifica e che non è “imminente” un attacco all’isola. Per anni la politica Usa è stata basata sul principio dell’ambiguità strategica, secondo il quale Washington riconosce la Repubblica Popolare Cinese come “unica Cina” ma si impegna a sostenere militarmente le capacità di autodifesa di Taiwan (in conformità con il Taiwan Relations Act), senza incoraggiarne le pulsioni di indipendenza. Solo negli ultimi mesi questa postura è stata modificata dalle parole di Biden che hanno aperto alla possibilità di un intervento militare americano in difesa di Taiwan in caso di invasione cinese.

Democrazia e diritti umani

Biden ha espresso a Xi Jinping preoccupazione per le “pratiche della Cina” in Xinjiang, Tibet e Hong Kong, dove sistematicamente vengono violati i diritti umani. Si tratta di un tema al quale l’amministrazione Biden – sempre più convinta che ci sia uno scontro decisivo tra autocrazie e democrazie – sta riservando grande attenzione. Solo un anno fa il presidente americano aveva infatti organizzato il celebre “Summit per la democrazia”, che ha visto tra i protagonisti 110 leader mondiali ed alcuni importanti funzionari di Taiwan. La replica di Xi è stata secca: “Non esiste un sistema democratico perfetto. Proprio come gli Stati Uniti hanno una democrazia in stile americano, la Cina ha una democrazia in stile cinese. Questa differenza non è una novità e continuerà ad esistere. Affinché i nostri paesi vadano d’accordo, è fondamentale riconoscere e rispettare tale differenza”.

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